La demenza è diventata un’importante questione sociale che richiede misure urgenti per affrontare e prevenire la sua insorgenza. La demenza colpisce circa 50 milioni di persone in tutto il mondo, con 10 milioni di nuovi casi ogni anno. Si prevede che il numero di persone con demenza raggiungerà 82 milioni nel 2030 e 152 milioni nel 2050. La demenza ha implicazioni sociali ed economiche significative in termini di costi dell’assistenza medica e sociale diretta e dell’assistenza. La demenza può causare pressioni fisiche, emotive ed economiche che provocano un grande stress alle famiglie delle persone colpite.

La prevenzione della demenza può essere influenzata da fattori dietetici. Uno studio di coorte e tre studi trasversali hanno supportato gli effetti positivi dell’assunzione di tè verde che potrebbe ridurre il rischio di demenza, morbo di Alzheimer e deficit cognitivo.

Uno dei fattori dietetici che può svolgere un ruolo nella prevenzione della demenza, è il tè verde, una delle bevande più comuni al mondo. Contiene caffeina e polifenoli. Un’elevata assunzione di caffeina può ridurre il rischio di demenza. In particolare nella malattia di Alzheimer, è stato riportato che i polifenoli della catechina del tè verde hanno effetti neuroprotettivi come stress anti-ossidativo, anti-infiammazione, inibizione dell’aggregazione beta-amiloide e anti-apoptosi. Una revisione sistematica di Mancini et al., ha riportato effetti benefici del tè verde sulla cognizione. Pertanto, poiché il tè verde è associato a malattie neurodegenerative e funzioni cognitive, esiste una relazione tra tè verde, Alzheimer e deficit cognitivo anche se il deterioramento cognitivo è difficile da distinguere dalla disfunzione cognitiva causata dall’invecchiamento, ereditarietà, autismo e disabilità dell’intelligenza.

In conclusione, l’assunzione di tè verde potrebbe ridurre il rischio di demenza, Alzheimer, deficit cognitivo. Abitudini di vita facilmente modificabili come l’assunzione di tè verde possono essere tenute in considerazione per ridurre il rischio di queste malattie. Tuttavia sono richiesti ulteriori studi.

Link della fonte: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6567241/